Introduzione

Salve a tutti, questo è il progetto di uno spazio a più voci che possa dare luogo a scambi d'opinioni utili per gli autori o che comunque serva a fissare un determinato pensiero "nero su bianco": un taccuino, insomma, per quelle speculazioni che non vorremmo lasciare all'oblio.

domenica 20 aprile 2008

Una Bozza sul Libero Arbitrio

Sul Libero Arbitrio

Occasionalmente mi sono chiesto e ho discusso sull’esistenza o meno del libero arbitrio, una delle tante questioni irrisolte che vengono assunte però come pilastri reggenti della nostra ragione. La sua natura sembra ad un primo sguardo essere autoesplicativa, evidente fino quasi a renderlo un concetto banale ed accettato nel linguaggio e nella forma mentis della (quasi) totalità delle persone e conosciuto anche con i nomi di Scelta, Possibilità, Alternativa e simili. Tutti abbiamo avuto talvolta la sensazione di scelta a priori o totalmente indipendente. Si va la prima volta a mangiare Thailandese, ad esempio, e non si ha la minima idea di cosa significano i nomi sul menu, poniamo, ed allora scegliamo una cosa qualsiasi incrociando le dita. Sbagliato. Se si è più puntigliosi, ad esempio, si chiede al cameriere cosa si nasconda dietro quei nomi, se si è refrattari alla novità ci si alza e se ne va o magari si chiede al cameriere se è magari possibile avere una pennetta al pomodoro! Tutto ciò quindi per dire che in questa situazione, come in altre, la nostra scelta, le azioni, reazioni e conseguenze non sono “libere”nel senso di “incondizionate”. Non intendo che vi sia qualcosa di esterno che ci controlli e neppure che vi sia una volontà superiore, tantomeno un futuro preordinato da qualche entità onnipotente. La non libertà anzi, in molti casi deriva dal nostro essere in grado di esercitare la nostra volontà (elemento che porta tanti vincoli quanti ne potrebbe spezzare) tanto quanto da cause esterne. Ci vorrebbe una nuova parola che si distingua da “libertà” nel senso che, la libertà per come la intendiamo, il più delle volte è libertà condizionata e limitata da alcuni fattori. Un fatto, accadimento, situazione o scelta, che sia slegato completamente da ciò che lo precede, segue o circonda e dall’ente coinvolto, non esiste, e, probabilmente, ad uno sguardo infinitamente acuto le condizioni e i limiti nonchè le influenze e le predisposizioni si dispiegano come un equazione dal risultato univoco. Questa affermazione è davvero problematica poichè ci pone innanzi ad uno scenario di irresponsabilità personale, determinismo e impotenza. Questi, almeno ad un primo sguardo, sembrano i risultati concettuali dell’accettazione di questa teoria, dato che a prima vista non sembra lasciare spazio a nessuna responsabile scelta da parte dell’individuo. In realtà, quello che la teoria invece elimina dal quadro concettuale è la possibilità di un altra scelta e lascia invece all’individuo la corresponsabilità degli accadimenti che lo vedono agente attivo. Esso, in quanto tale, porta con sè il suo apparato cognitivo, la sua veltanschaung e il suo potere d’azione o volontà di azione ovvero, prendendo a prestito da Nietzsche, potremmo dire che esso è portatore di una sua propria volontà di potenza che diviene appunto fattore dell’equazione dell’evento. Concentrando la nostra analisi su questo peculiare fattore, più interessante in quanto più vicino a noi umani, ci viene subito o quasi la curiosità della sua composizione, o almeno, ci si chiede se sia un qualcosa di composto o solamente un qualcosa che esista ab solutum e che non si possa ridurre o analizzare oltre. Che sia immutabile pare poco probabile, anzi non è per niente difficile trovare nella vita di tutti i giorni casi empirici che smentiscono ogni pretesa di monolitica coerenza o determinazione continua, o ancora, di preferenze totalmente fisse. Esso sembra invece essere concettualmente molto vicino ad un essere vivente, o meglio all’essere umano stesso, indistinguibile da esso poichè parte di esso, appunto, e quindi capace di adattarsi, apprendere, essere manipolato, ma solo fino ad un certo punto. Il discorso ora però pare prendere una piega a spirale che ci porta di nuovo a chiederci qual’è quel “certo punto”. Un modo per aggirare o rispondere la questione è assumere che questo nucleo essenziale sia simile ad una forma di metallo o plastilina capace di deformarsi a seguito di colpi esterni più o meno violenti, e di quindi mutare la sua forma base per adattamento e continuando, ciononostante, a fungere da fattore costante o fisso nelle varie situazioni, seppur il suo valore cambi nel tempo. Esso dunque può essere grosso modo concettualizzato come un fattore semicostante con un valore approssimativamente coerente seppur in costante fluttuazione. Ovvero possiamo raffigurarlo come una costante in una matematica ad infinite dimensioni, la quale si modifica attraverso somme e sottrazioni (di infinitamente molteplice natura) ad ogni dato evento. Concetto il quale, volendo, richiama di nuovo alla mente Nietzsche con il suo eterno ritorno, con la sua immagine di un tutto composto da ogni singolo istante che si trascina e grava sull’istante presente. Figurativamente parlando, questo sembra un fardello ben più grave del semplice “destino” ma, ad un secondo sguardo, coinvolge anche noi nella sua costruzione, seppur al prezzo di esercitare una pressione modellante sul nostro Io.